Cani da adottare, la terribile storia del levriero spagnolo
La loro esistenza finirà entro i 3 anni di vita. Nella migliore delle ipotesi moriranno soffocati dal gas oppure sbranati da loro simili affamati. Nella peggiore, saranno impiccati agli alberi, sacrificati dalla crudeltà umana in nome di barbare tradizioni. Li chiamano i dimenticati di Spagna, sono i Podenco e i Galgo, levriero spagnolo che in isole come Canarie e Baleari, vengono utilizzati per la caccia a lepri e fagiani. Cani da adottare per i quali essere accolti in famiglia significa, senza retorica, ricevere una seconda vita.
La loro storia è talmente terribile che non vorrebbe mai essere raccontata eppure è necessario farlo per fermare questa barbarie quotidiana. Innocenti vittime sacrificali di un folclore ancora oggi radicato e devoto a riti propiziatori ritenuti di buon auspicio per la stagione venatoria. Animali timidi, leali, affettuosi e fedeli – che come tutti i cani non conoscono tradimenti o cattiveria gratuita – i Podenco e i Galgo con i loro grandi occhi innocenti vedono quelli che considerano i loro compagni umani trasformarsi in aguzzini. Traditi da chi amano, guardano dritto negli occhi la ferocia più bieca, l’inciviltà sopravvissuta e involuta nei secoli di chi immola vittime innocenti per assicurarsi un fato benevolo.
Una tradizione popolare tanto atroce quanto purtroppo ancora molto comune, che si nutre della sofferenza dei quattro zampe. I campioni, chi cioè nella sua breve esistenza si è distinto per essere un ottimo cacciatore, vengono “premiati” con una morte più veloce attraverso l’impiccagione ai rami più alti dove il soffocamento li uccide più velocemente. Agli altri, ai cani che nella loro carriera non hanno spiccato per doti venatorie, tocca una fine ancora più straziante: legati con un cappio ai rami più bassi dove riescono a toccare a terra solamente stando sulla punta dei piedi. Nel disperato tentativo di sostenere il peso del corpo, muovono le dita in maniera sincopata e proprio per questo atroce dettaglio sono stati soprannominati “i pianisti”. Stremati, moriranno dopo una lunga disperazione quando avranno esaurito le forze per reggersi sulle punte.
Anche se quella dell’impiccagione è la pratica più diffusa, proprio perché si nutre di motivi “scaramantici”, non mancano altre pratiche altrettanto crudeli: gettati in pozzi con le zampe rotte, bruciati vivi, scuoiati, i levrieri di Spagna non sembrano non solo degni di vivere ma nemmeno di morire senza dolore.
Una situazione ritenuta normale, con il beneplacito della legge che non vieta in alcun modo queste atrocità ma anzi incentiva l’uccisione dei quattro zampe pagando una somma ai canili per ogni cane soppresso. Nelle strutture per animali abbandonati, le famigerate perreras, i Fido che sopravvivono alla sete e alla fame – talvolta sbranando i propri simili – vengono uccisi dopo 10 giorni principalmente in camere a gas. Un disumano business contro il quale combattono solo volontari e associazioni animaliste riuscendo a strappare dal braccio della morte di questi campi di concentramento legalizzati, qualche innocente quattro zampe. Anche in Italia sono nate associazioni che accolgono questi cani da adottare anche se, purtroppo, ad oggi la maggioranza dei levrieri spagnoli ha il destino segnato. Oltre all’adozione di questi cani, è necessario un cambio di passo politico che metta per sempre la parola fine a queste atrocità.
Gilda e Kilian sono due Podenco sopravvissuti. Anche questi splendidi quattro zampe, che adesso dormono beati nel letto con la loro compagna umana, sarebbero andati incontro ad una morte atroce se lungo il loro cammino non avessero incontrato persone sensibili pronte a strapparli da quel circuito di morte e disperazione. Gilda, adottata grazie all’associazione “Una cuccia per la vita”, è stata soccorsa in Almeria al sud della Spagna ed accolta in un rifugio a Terragona. È giunta, poi, nel nostro Paese dove, di fatto, per lei è iniziata una seconda vita. “Quando l’ho portata a casa – racconta la sua padrona, Daniela – era terrorizzata. Aveva circa 1 anno e mezzo e pesava 12 kg, era pelle ed ossa e aveva lunghi capezzoli. Adesso pesa 20 kg, continua ad essere inappetente e dorme attaccata a me”. Scoperta la triste realtà spagnola, Daniela decide di aprire le porte della propria casa ad un altro condannato a morte spagnolo, Killian. Non sarebbe mai nato se la sua mamma, trovata vagare quando era incinta alle Canarie, fosse stata catturata e condotta in canile. Fortunatamente, la puerpera a quattro zampe è stata intercettata da alcune volontarie che l’hanno fatta partire per Milano dove ha partorito, in clinica, 6 maschietti. Purtroppo, nonostante le cure, a 10 giorni dal parto la cagnolina è morta, probabilmente logorata dal suo passato di sofferenze e privazioni. “Killian non ha vissuto direttamente le sofferenze ed è, dunque, dolce e scatenato”.
Due storie a lieto fine, due vite salvate, che lasciano una flebile speranza rispetto all’ opprimente sensazione di impotenza e tristezza che si prova nel leggere di soprusi ai danni di questi docili e sensibili animali. Una goccia nel mare, dirà qualcuno, ma non è forse vero che, una goccia dopo l’altra ha la forza di scavare la roccia?