Cani lupo cecoslovacchi o lupi?
Sequestrati 229 quattro zampe in 54 province italiane
Un potenziale traffico illegale di lupi selvatici usati per incrociare la razza Cane da Lupo Cecoslovacco (CLC) e rinforzare quest’ultima. È questa l’inquietante ipotesi scaturita dalle indagini della Magistratura che ha portato al sequestro di oltre 200 cani e dunque all’apertura di un fascicolo per fare luce su una vicenda le cui vittime sono, ancora una volta, i quattro zampe. Secondo le tesi investigative, allevatori senza scrupoli avrebbero incrociato illegalmente lupi con cani cecoslovacchi per ottenere una razza più bella e maggiormente resistente ad alcune malattie. Accoppiamenti tanto proibiti quanto potenzialmente pericolosi che avrebbero generato cospicui guadagni se si considera che i cani acquistati venivano pagati anche fino a 5mila euro a esemplare. Ma andiamo per gradi.
Tutto parte da un’inchiesta aperta dalla Procura della Repubblica di Modena quando gli uomini del servizio Cites del Corpo Forestale dello Stato (dal primo gennaio confluiti nell’Arma dei Carabinieri nel Comando Unità Tutela Forestale Ambientale ed Agroalimentare Carabinieri) hanno tirato le somme dell’operazione denominata “Ave Lupo”, una lunga inchiesta iniziata già nel 2013. Indagini che hanno portato al sequestro di 229 cani in tutta Italia che, secondo i militari, sarebbero ibridi tra cane lupo cecoslovacco e lupo selvatico. 54 le province italiane interessate dall’inchiesta ed oltre 200 proprietari coinvolti che avevano comprato animali, pagandoli fino a 5 mila euro ad esemplare, proprio per la loro somiglianza all’abitante più schivo delle foreste. Sotto la lente degli inquirenti sono finiti 9 allevatori a carico dei quali sono state emesse le misure di sequestro.
“I lupi venivano prelevati illegalmente nella zona dei Carpazi, nei paesi scandinavi o in Nord America – ha spiegato all’Ansa il colonnello Daniela Piccoli – per essere incrociati, con cani da Lupo Cecoslovacco selezionati, per ottenere un patrimonio genetico nuovo e capace di dare origine a esemplari di grande bellezza e più resistenti a disfunzioni e malformazioni ossee, in violazione dei disciplinari stabiliti dall’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana (Enci). Questa – aggiunge – è una operazione di prevenzione, nella quale crediamo molto, e di tutela verso i proprietari ignari di acquistare a caro prezzo animali potenzialmente aggressivi, frutto di incroci pericolosi. Ci permette poi di rendere gli appassionati consapevoli del rischio”.
Secondo quanto riportato dal quotidiano La Stampa, si sarebbero perse le tracce di Alaska, femmina di cane lupo cecoslovacco attorno alla quale ruota tutta la vicenda. Secondo quanto ipotizzato dagli investigatori, infatti, la quattro zampe sarebbe “Ave Lupo”, quadrupede nata in Repubblica Ceca nel 2003 e importata poi clandestinamente nel nostro Paese, ovvero figlia di Lupina (lupo selvatico puro canadese) e di un meticcio di pastore tedesco di nome Armin.
In Italia la cagnolina sarebbe stata “ribattezzata” Alaska ma il codice di microchip e la data di nascita testimoniano il suo passato. Così come riporta ancora il giornale torinese, “la magistratura ora afferma che Alaska corrisponde effettivamente all’esemplare Ave Lupo Mutara, e che è stata iscritta nel registro RSR dell’Enci con l’inganno, omettendo di comunicare le sue reali origini”.
Dov’è finita Alaska? La cagnolina che dà il nome all’inchiesta sembra, infatti, essere scomparsa. Gli uomini del Cites pur non trovandola durante le perquisizioni hanno prelevato campioni di Dna della sua progenie e, grazie ai test di identificazione genetica, avrebbero dimostrato la loro discendenza con il lupo canadese. Prove, quelle di laboratorio, che testimonierebbero una inquietante ed avvilente ibridazione illegale potenzialmente pericolosa non solo per l’uomo ma anche per la fauna.
E mentre gli allevatori finiti sotto indagine si difendono respingendo tutte le accuse, la vicenda ha portato ad intervenire anche il Ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti: “L’inchiesta svela un business milionario illegale che contamina le specie e danneggia gravemente la nostra biodiversità. Rafforzeremo a tutti i livelli, anche dunque in sede europea, il nostro impegno contro il commercio delle specie ibride, stringendo le maglie che oggi consentono di aggirare la legge italiana”.