Viaggio ai confini della Romagna

Viaggio ai confini della Romagna cover
Foto di repertorio

500 chilometri, percorsi principalmente a piedi e in bicicletta, in 15 giorni per scoprire e raccontare la Romagna. Ad esplorarli, immortalando il tutto con riprese video, è stato il trio composto dai forlivesi Nevio Agostini, Marco Ruffilli (rispettivamente naturalista forlivese e responsabile del settore ricerca, conservazione e promozione del Parco nazionale delle foreste casentinesi il primo, cofondatore della Pro Loco di Castrocaro Terme il secondo) e il faentino Sandro Bassi (giornalista e guida escursionistica ambientale).

Partendo dal promontorio di Fiorenzuola di Focara, località in provincia di Pesaro Urbino che segna il confine geografico orientale della Romagna, passando per le foreste casentinesi fino ad arrivare in riviera. Un territorio vasto e variegato talvolta sconosciuto persino ai suoi abitanti: da dolci e delicate colline, alle verdi foreste dell’appennino dove la natura regna ancora incontaminata. Pendii su cui i vitigni si godono i raggi del sole, ma anche pianure distese che arrivano fino alle valli, talvolta selvagge e argillose come quelle bagnate dal fiume Sillaro. Verdi terre che giungono fino al litorale con le maestose pinete di Classe e San Vitale. Il progetto, che verrà concretizzato in un film anche grazie alla partecipazione del Robinson in prima fila tra gli sponsor, ha portato questo trio di romagnoli non solo a scoprire angoli inediti del nostro territorio ma anche ad incontrare le sue genti. Ad accomunare vecchie e nuove generazioni di romagnoli, è l’amore per il proprio territorio e l’ospitalità, valori ben noti anche oltre i confini regionali. Abbiamo intervistato l’ideatore di questa avventura, Nevio Agostini:

 

Com’è nato il progetto?

Il progetto è nato nel 1998 quando organizzai una mostra sul naturalista forlivese Pietro Zangheri che nel suo grande plastico della Romagna riporta il confine quasi fosse un sentiero da seguire. Mi dissi all’epoca che prima o poi mi sarebbe piaciuto percorrerlo tutto a piedi e in bici. Il poi è arrivato nel giugno di quest’anno. Il Plastico, grazie al mio intervento di allora, è stato restaurato e oggi conservato presso la sede del Parco di Santa Sofia. Così migliaia di romagnoli l’hanno potuto visitare in questi anni (prima era conservato in un luogo chiuso al pubblico a Verona dove è ancora collocato tutto il Museo della Romagna di Pietro Zangheri).

Quali sono le motivazioni che vi hanno spinto a girare in lungo e in largo la Romagna?

Le principali motivazioni è di dare corpo ad una regione che non esiste a livello amministrativo, ma come pochi sanno esiste realmente da un punto di vista biogeografico e sociale. Quindi il viaggio è servito anche per far conoscere, ai romagnoli, la Romagna. Come tutti i viaggi e le sfide ci sono anche motivazioni personali: mettersi alla prova, vivere e affrontare una avventura, superare problemi e condividere con altri direttamente e indirettamente le esperienze di vita, cementare una amicizia.

Ci sono luoghi che vi hanno colpito maggiormente? Quali e perché?

Difficile fare una scelta dei luoghi, ma quello che mi ha colpito è l’incredibile ricchezza e varietà dei paesaggi e dei popoli in poco meno di 6.400 km2 di territorio: dalle spirituali e vetuste selve delle  Foreste Casentinesi, alle maestose Pinete di Classe e San Vitale arricchite dalle valli, pialasse  del litorale; dalla pianura fittamente abitata e intensamente coltivata, ai silenzi delle valli abbandonate dell’Appennino; dai straordinari paesaggi, noti anche agli artisti del rinascimento, del Montefeltro, alla valle argillosa e selvaggia del Sillaro; dal frastuono e vitalità della Riviera romagnola, alla bellezza naturale del promontorio di Focara e della costa in parte ben conservata tra il Reno e il Savio.

Parlando con le persone che avete incontrato sono venuti alla luce aneddoti o curiosità legate al nostro territorio? C’è qualche racconto che vi è rimasto maggiormente impresso?

Personalmente non ho ricordi specifici, ma in tutti mi è rimasto impresso l’amore per la propria terra che poi noi facciamo esprimere con la frase “E post più bel del mond”. Inoltre è scaturita in molti che l’essere in zona di confine non è marginalizzazione, ma ricchezza di tradizioni e culture. Inoltre a differenza degli anni passati, nelle zone appenniniche, i giovani sono orgogliosi della propria terra e vogliono rimanere e possibilmente costruirsi un futuro lì dove sono nati loro e i loro genitori. Dalle interviste comunque vengono fuori decine di personaggi che hanno storie ed esperienza tutte da ascoltare.

 

 In 15 giorni avete percorso circa 540 chilometri, la maggior parte dei quali in bici e a piedi. Ci sono stati momenti di difficoltà?

Le difficoltà sono state soprattutto all’inizio, abbiamo faticato a superare i primi giorni: tanti chilometri, sentieri fangosi e impossibili, vesciche e male alle gambe, la fatica suppletiva di organizzare incontri, relazioni, immagini e video, e soprattutto la paura di non farcela. Dopo pochi giorni siamo diventati dei veri e tosti viaggiatori e nulla ci ha fatto più paura.  Negli ultimi giorni è tornata la paura, ma era quella che tutto stava finendo e di lì a poco si tornava nell’ordinario.

Il territorio Romagnolo è vasto e variegato sia dal punto di vista naturalistico che umano. Se doveste usare tre aggettivi per descriverlo, e dunque per descriverci, quali usereste?

I tre aggettivi (in coppia) pensando sinteticamente ai tre grandi insiemi di paesaggi ovvero riviera, collina, montagna, sono rispettivamente allegro e passionale, vitale e laborioso, selvatico e spirituale.

 

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