Fiv, conoscerla per non temerla

L'intervista al veterinario Stefano Bo

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Foto di repertorio

È noto anche come “Aids Felina” e talvolta questa definizione crea non pochi allarmismi nei proprietari dei gatti. Ma che cos’è esattamente il Fiv? È davvero così drammatico avere un gatto Fiv positivo? Per fare chiarezza, e scongiurare allarmismi infondati che talvolta hanno fatto scattare una vera “caccia alle streghe” tra i quattro zampe, lo abbiamo chiesto a Stefano Bo, medico veterinario libero professionista di Torino che vanta un curriculum di altissimo livello in particolare in medicina felina con spiccato interesse per le malattie infettive oltre che la medicina interna e l’oncologia. Tra le altre cose, è rappresentante italiano del Board Representative of ISFM (International Society of Feline Medicine), ha lavorato per l’Istituto Superiore di Sanità nell’ambito del progetto ‘AIDS Finalised Project’ con uno studio riguardante la “Valutazione di gatti affetti da FIV e loro terapia”. Professore in “Clinica delle Malattie Infettive del gatto” presso la Facoltà di Medicina Veterinaria di Torino, è autore di numerose pubblicazioni su riviste nazionali ed internazionali e relatore a congressi sia in Italia che all’estero. Si occupa, inoltre, di un laboratorio di analisi veterinarie in qualità di consulente e di esami specifici per le malattie infettive.

“Il FIV – spiega Stefano Bo – è un virus simile all’HIV dell’uomo che, come quest’ ultimo, colpisce il sistema immunitario dei gatti  e provoca immunodepressione. Dall’appartenenza allo stesso gruppo di virus dell’HIV e per il fatto che provoca immunodepressione deriva il nome di AIDS del Gatto.  È bene chiarire subito che le somiglianze finiscono qui: FIV non è assolutamente trasmissibile all’uomo e non è pertanto un rischio per noi”.  Diagnosticare la presenza del virus è tutt’altro che complicato: l’infezione, continua il veterinario torinese, “si diagnostica attraverso test rapidi eseguibili in ambulatorio. In alcuni casi può essere necessaria la conferma del risultato attraverso test più complessi (PCR, Western blotting) eseguibili in laboratori specializzati”.

Individuarla è dunque, semplice ma è altrettanto facile la trasmissione? Il rischio maggiore e più frequente è costituito da scontri tra mici. La malattia, si trasmette infatti “attraverso i morsi durante lotte e combattimenti che sono più frequenti nel periodo del calore tra gatti. Altre vie di trasmissione possono essere trasfusioni di sangue infetto e, potenzialmente, con aghi e strumenti chirurgici infetti. Possibile, ma non frequente, è il contagio attraverso i rapporti sessuali. Rara, invece, la trasmissione transplacentare dalla gatta ai feti”. La diffusione del virus ai cuccioli durante la gravidanza è tutt’altro che implicita. “La trasmissione ai gattini è molto rara – chiarisce Stefano Bo – e si verifica solamente in condizioni molto limitate, quando la gatta si infetta ad inizio gravidanza ad esempio. Bisogna però fare attenzione al fatto che la mamma può trasmettere gli anticorpi -che sono protettivi come quelli trasmessi con il colostro – ai cuccioli dando dei risultati falsi positivi ai test veterinari”.

Il virus è pericoloso per gli altri animali? “Assolutamente no”, sottolinea il veterinario torinese che spiega anche come non debba essere assolutamente esclusa la convivenza con gatti Fiv negativi: “Il rischio di trasmissione tra i gatti sterilizzati che convivo in armonia tra loro è molto basso (inferiore al 2.5%), condividendo ciotole e cassetta igienica. Il rischio aumenta se durante la convivenza vi sono fenomeni di combattimenti e liti tra gatti che pertanto vanno evitati”.

È dunque errato supporre che buona parte dei gatti che sono liberi di uscire di casa possano contrarre la malattia? “No, è esatto – afferma Stefano Bo – perché la trasmissione avviene per lo più attraverso i morsi durante le lotte per il controllo del territorio o delle femmine. In effetti il virus può infettare qualsiasi gatto, ma sono più a rischio i gatti con possibilità di uscire all’esterno e di avere contatti (lotte tra gatti) con gatti FIV-positivi”.

Tenere i mici in casa, al sicuro tra le quattro mura domestiche, permette dunque di tutelarli non solo dal traffico delle macchine ma anche dal punto di vista sanitario. Nel caso in cui, tuttavia, si scoprisse che il proprio micio è Fiv+, bando a catastrofismi poiché, osservando qualche semplice accorgimento, l’aspettativa di vita è pressoché la medesima di un micio negativo. “Non vi sono differenze significative tra un gatto FIV negativo ed uno positivo se si rispettano alcune norme che hanno lo scopo di proteggere il gatto FIV-positivo dal rischio di contrarre ulteriori infezioni, come l’uso regolare di antiparassitari ed evitare contrasti sociali con altri gatti. Certamente è consigliata la vita casalinga: in queste condizioni l’aspettativa di vita può essere pari o di poco inferiore a quella di un gatto sano e FIV-negativo ovvero 12-14 anni”.

Chi scopre di avere un gatto Fiv+ quale accorgimenti può dunque adottare per tutelare il maggiormente possibile la sua salute? “Regolari controlli veterinari (è consigliata una visita ogni 6 mesi), vaccinazioni per le altre malattie infettive sulla base della valutazione del rischio individuale e trattamenti antiparassitari”.

È possibile che la malattia rimanga sempre latente? “Certamente sì. Quello che sappiamo è che un gatto mantenuto in buone condizioni igieniche e di salute ha ottime aspettative di vita. Ciò che è importante monitorare è proprio il suo stato di salute, in particolare per quanto riguarda la funzionalità renale e quella intestinale”. Al momento – continua Bo – “non esiste una cura specifica per il FIV. Vi sono alcuni farmaci antivirali in grado di diminuire o controllare la replicazione del virus nell’organismo come l’interferone omega felino, AZT. Gli interventi più importanti devono essere rivolti a curare le singole patologie che colpiscono il gatto, ad esempio antibiotici per le infezioni batteriche o antivirali in caso di co-infezioni virali”.

Quale consiglio si sente di dare al proprietario di un gatto che si scoprisse essere Fiv+?

“Come dicevo prima il gatto Fiv positivo è un soggetto che deve essere maggiormente controllato rispetto ad un soggetto negativo. Certamente è consigliata la sterilizzazione per evitare o ridurre il rischio di combattimenti ed accoppiamenti. È inoltre consigliata una vita casalinga per evitare la trasmissione del virus ad altri gatti e per proteggere il gatto FIV-positivo dal rischio di contrarre ulteriori infezioni”.

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