Leishmaniosi, attenzione ai pappataci
L'importanza di proteggere Fido dalla puntura di questi piccoli insetti
Il cane è una vittima, esattamente come può esserlo l’uomo. Quando si parla di leishmaniosi, tuttavia, è facile creare falsi allarmismi e puntare il dito contro Fido quando in realtà l’unico animale dal quale dobbiamo guardarci è il flebotomo. Bando allora a psicosi collettive. Comune ed estremamente diffusa nel sud del nostro Paese, è ormai presente in tutta la Penisola. Ma cos’è esattamente questa malattia e come possiamo proteggere il nostro amico a quattro zampe e proteggerci? Lo abbiamo chiesto a Maria Parigi, medica veterinaria libera professionista.
Che cos’è la leishmaniosi?
È una zoonosi parassitaria causata da protozoi del genere Leishmania – spiega -. In Italia esiste un’unica specie di leishmania circolante, chiamata “Leishmania infantum”. L’importanza di questa malattia è legata sia alle sue conseguenze in sanità animale, in particolare per quanto riguarda la salute del cane (Leishmaniosi canina), sia al suo carattere zoonotico, cioè alla possibilità di essere trasmessa anche all’uomo. Il cane, purtroppo, è il serbatoio della malattia: questo significa che quando un cane è infetto ha in circolo elevate quantità del parassita, il quale, quindi, può essere assunto dall‘insetto vettore e trasmesso agli altri mammiferi, compreso l‘uomo. L‘uomo, se in buona salute, non presenta il parassita in circolo e quindi non ha un ruolo nella diffusione della malattia”.
Come si trasmette?
“La trasmissione avviene appunto attraverso la puntura di un insetto infetto, il flebotomo o pappataccio, che durante la puntura, o meglio il suo cosiddetto pasto di sangue, rigurgita il parassita nel sangue del malcapitato ospite. A sua volta, il flebotomo si infetta proprio pungendo un cane infetto, nel quale il parassita è presente nel circolo sanguigno. La trasmissione all‘uomo avviene sempre e solo attraverso la puntura di un flebotomo infetto”.
Come si distinguono i flebotomi dalle normali zanzare?
“I flebotomi innanzitutto fanno parte di una specie diversa da quella delle zanzare per cui hanno caratteristiche biologiche differenti. Sono più piccoli (2-4 mm), con il corpo giallo arancio, hanno un volo silenzioso (da cui deriva il nome di pappa-taccio) e sono attivi solo dal crepuscolo fino all‘alba dalla primavera all’autunno. Per quanto riguarda il loro ambiente biologico, si riproducono e si riparano in ambienti freschi e umidi come scantinati, muretti a secco, grotte e stalle e prediligono ambienti con fitta vegetazione”.
Quali sono i sintomi e quali i danni provoca?
“Un cane infetto (quindi con il parassita che circola attivamente nel torrente sanguigno) può essere anche completamente asintomatico e questa condizione può durare per anni. È per questo motivo che i cani si differenziano in animali infetti malati, quindi con sintomi, e animali infetti sani, che sono i più pericolosi per la diffusione del parassita perché possono passare inosservati. A loro volta i cani infetti malati possono presentare sintomi diversi e di diversa gravità: i più classici sono rappresentati da aumento di volume dei linfonodi sia nelle zampe anteriori sia posteriori che diventano grossi, duri e raggiungere le dimensioni di una susina; l‘animale può poi presentare dimagrimento progressivo, forfora sul pelo, ulcere a livello di zampe, tartufo e orecchie, allungamento delle unghie anche in presenza di attività fisica dell’animale, spossatezza, dolori articolari ed anemia. Per quanto riguarda gli organi interni, il parassita provoca danni a livello di midollo osseo, occhi, milza e reni, danni che possono essere irreversibili. Purtroppo molti di questi sintomi possono essere legati anche ad altre malattie e questa aspecificità – unita alla convinzione che la leishmaniosi sia ancora limitata nelle zone meridionali del nostro paese – possono ritardare la diagnosi corretta e far peggiorare le condizioni cliniche dell‘animale, che continua anche a rappresentare una fonte di infezione per il flebotomo”.
Come si effettua la diagnosi?
La diagnosi di malattia e/o di infezione si fa o ricercando direttamente la presenza del parassita (che viene fatta solo da pochi laboratori specializzati) oppure ricercando gli anticorpi specifici anti-Leishmania nel siero del cane attraverso diversi esami sierologici, tra i quali quello maggiormente usato è chiamato Immunofluorescenza Indiretta (IFI o IFAT). L’esame sierologico è fondamentale per differenziare un cane infetto da un cane malato. Le linee guida internazionali, scritte da esperti europei nella malattia (Gruppo di Studio sulla Leishmaniosi Canina, GSLC), dicono che, utilizzando l’IFI come esame sierologico, un cane è infetto se nel siero dell‘animale sono presenti una quantità di anticorpi 4 volte superiori ad un limite soglia ( >160). Al di sotto di questo limite, l’animale viene definito dubbio, cioè può essere stato punto da un flebotomo infetto e il suo sistema immunitario ha reagito o sta reagendo nei confronti del parassita. Per avere sotto controllo l’evoluzione, è necessario ricontrollare l’animale dopo un tempo di 4-6 mesi dopo i quali si possono verificare tre situazioni: animali più resistenti all’infezione possono sconfiggere la replicazione del parassita e quindi l’esame tornerà negativo; altri, invece, in cui il sistema immunitario non riesce a tenere sotto controllo la replicazione, svilupperanno invece un titolo anticorpale maggiore o uguale al limite soglia e si definiranno infetti; infine, possono esserci cani che possono rimanere con un titolo inferiore al limite soglia per tempi più o meno lunghi e verranno considerati dubbi. Ad ogni modo, tutti gli animali dovrebbero essere controllati di nuovo alla fine dell’inverno, quindi prima che ricominci una nuova stagione di trasmissione, così da conoscere il loro stato sanitario. Insieme alla ricerca degli anticorpi, è anche utile eseguire un profilo ematobiochimico completo dell’animale così da monitorare la funzionalità renale, epatica e del midollo osso. Ovviamente, il veterinario di fiducia consiglierà gli esami diagnostici collaterali più adatti in ogni situazione”.
Come si cura?
“Quando un cane si ammala di leishmaniosi, cioè presenta un titolo anticorpale elevato unitamente alla sintomatologia clinica, rimarrà malato a vita e i protocolli terapeutici esistenti hanno la sola funzione di ridurre la quantità di parassita presente all’interno dell’animale cosi da migliorarne le condizioni cliniche. Il GSLC ha stilato delle linee guide a disposizione di tutti i veterinari che descrivono quali animali trattare in base ai risultati sierologici e alla eventuale presenza dei sintomi clinici. I protocolli terapeutici in linea di massima sono costituiti da un farmaco cosiddetto leishmanicida (che ha la funzione di uccidere i parassiti in circolo) e da un farmaco leishmaniostatico (che ha la funzione di impedire la replicazione dei parassiti e mantenerli sotto controllo lontano dal circolo sanguigno). Anche se l‘animale non potrà mai definirsi guarito dalla leishmaniosi canina, una terapia corretta permetterà di portare ad una diminuzione del titolo anticorpale e ad avere dei miglioramenti clinici per periodi di tempo abbastanza lunghi”.
Come può essere attuata una profilassi efficace?
“Se pensiamo a quanto abbiamo appena detto sulla terapia, la profilassi risulta essere fondamentale. Parliamo, innanzitutto, della cosiddetta profilassi antivettoriale, che prevede l‘utilizzo sul nostro cane di sostanze antiparassitarie che abbiano un funzione repellente nei confronti dei flebotomi, cioè che vadano ad impedire, quindi, che il pappataccio infetti il nostro amico a 4 zampe. Ovviamente non tutte le molecole presenti sul commercio hanno azione repellente nei confronti dei flebotomi. È quindi importante scegliere, grazie all‘aiuto del veterinario e dei negozianti di fiducia, i prodotti più adatti. In linea di massima i prodotti repellenti vanno applicati sull‘animale dalla primavera fino all‘autunno ogni 30 giorni in caso di prodotti spot on oppure nel caso dei collari vanno lasciati sull‘animale per un tempo di circa 5 mesi. Per essere sicuri che il prodotto che stiamo acquistando sia efficace è necessario cercare nella sua composizione la presenza di piretroidi, ossia di permetrina o deltametrina. Possiamo sicuramente abbinare a queste molecole chimiche l’utilizzo di repellenti naturali, come l‘olio di neem, così da ottenere una sinergia degli effetti. Ovviamente è opportuno fornire agli animali che vivono all‘aria aperta un ricovero notturno che sia lontano dalla vegetazione, habitat prediletto dei flebotomi, e che non presenti fessure in cui gli insetti potrebbero nascondersi. L‘optimum sarebbe proteggere il ricovero con una zanzariera a maglia fitta.
A partire dal 2011 è commercializzato nel nostro Paese anche un vaccino anti-lesihmaniosi, il quale ha dimostrato avere la capacità di ridurre il rischio di contrarre la malattia, ma non può impedire agli animali di contrarre l‘infezione; infatti, nessun vaccino può impedire ad un flebotomo infetto di pungere un cane e di trasmettere il parassita, se non le molecole antiparassitarie repellenti di cui abbiamo parlato sopra. Il vaccino anti-leishmaniosi viene di solito consigliato ad animali giovani e in buona salute, nei quali rimane comunque fondamentale la profilassi antiparassitaria.