Psicofarmaci per il cane, inutili senza una terapia comportamentale di sostegno

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Foto di repertorio

Il ricorso all’utilizzo di psicofarmaci è allarmante e non solo per le persone. Troppo spesso, infatti, si cerca una soluzione in pillole ai problemi comportamentali del cane che, invece, potrebbero essere risolti con un adeguato percorso educativo purché seguito da un professionista di comprovata esperienza.

L’utilizzo di psicofarmaci non è mai risolutivo se non c’è una terapia comportamentale di sostegno. Quando, dunque, è necessario intervenire con molecole farmacologiche – e sono davvero rari i casi – è sempre e comunque indispensabile agire collateralmente con un percorso rieducativo altrimenti non si raggiungerà nessun risultato. “Il farmaco lo uso raramente: in 22 anni di lavoro in collaborazione con una veterinaria comportamentalista – afferma Monica Leonardi, istruttore formatore Csen dell’associazione “La furiosa”, dalla lunga esperienza anche nel recupero di quattro zampe con gravi episodi di mordacità – abbiamo messo sotto farmaco 5-6 cani e la maggior parte delle volte abbiamo fatto questa scelta affinché la famiglia fosse disposta a fare un percorso altrimenti, per paura, non avrebbe intrapreso nessun lavoro in tal senso”.

Quando un cane reagisce con aggressività, generalmente dietro a questo comportamento c’è quasi sempre un problema legato al vissuto di Fido oppure ad una sua scorretta gestione. “Recentemente ho seguito un mix di pastore tedesco insicuro e molto fragile emotivamente – esemplifica Leonardi – che veniva, ad esempio, tenuto a dormire davanti la porta d’ingresso e mandato sempre per primo ad accogliere l’estraneo. Cosa è successo? Gli è stata data una delega di responsabilità che lui non ha saputo gestire. A causa della sua insicurezza, ha iniziato a pinzare a mordere la gente che semplicemente gli si avvicinava proprio per la mancata capacità di gestire la responsabilità. Ha iniziato poi a proteggere la figlia nei confronti della mamma e a mordere anche all’interno della famiglia prendendosi, quindi, responsabilità che non gli erano state date poiché sbagliando la gestione il cane va in confusione”.

In che modo, dunque, la molecola chimica può favorire il processo di rieducazione? “Lo psicofarmaco che usiamo generalmente è un antidepressivo. Se correttamente dosato, non intontisce minimamente il cane ma aumentando la serotonina al cervello gli permette di provare meno irritazione o paura rispetto allo stimolo o al contesto che in condizioni normali lo spaventerebbe portandolo a reagire con il morso. In questo modo, dunque, ci concede il tempo di insegnare a Fido a gestire questa cosa nuova.  Quest’ultimo, dunque, rimpara a comunicare usando i ringhi senza arrivare a finalizzare il morso”.

Dunque, solo in alcuni casi estremi, sì allo psicofarmaco ma per periodi di tempo brevi e controllati. “Si usa per 2-3, 4 mesi al massimo e poi si inizia lo svezzamento”, chiarisce Leonardi. Ovviamente, lo abbiamo già sottolineato, ricorrere esclusivamente al farmaco senza una rieducazione comportamentale è perfettamente inutile. “Ho lavorato su un cane maremmano che dava 20-30 morsi per una sua gestione sbagliata: quando vedeva un guinzaglio ti saltava alla gola. Il cane è stato messo sotto farmaco ed il guinzaglio è diventato una cosa curiosa. È stato, dunque, associato a dei premi, alla passeggiata e lentamente a piccole regole. Al termine di questo percorso, il farmaco viene svezzato e il cane mantiene la nuova formazione forte anche di una collaborazione ed empatia molto più profonda nei confronti del proprietario”.

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