Più mascherine che meduse in mare? La triste previsione degli ambientalisti
Le mascherine usa e getta utilizzate contro il Coronavirus rischiano di essere il rifiuto più presente nei nostri mari nel prossimo futuro.
La riapertura delle scuole metterà in circolo 11 milioni di mascherine chirurgiche che saranno distribuite dal governo al personale scolastico e agli studenti la cui distribuzione avverrà con cadenza settimanale o bisettimanale, in relazione al numero di alunni, docenti e collaboratori presenti in ciascuna istituzione scolastica.
Le previsioni degli ambientalisti
Si tratta di certo di presidi necessari in tempi di emergenza sanitaria ma queste mascherine che fine faranno? Quanti rifiuti produrremmo in questo modo e quanti finiranno in mare?
Secondo quanto previsto dall’Ispra (Istituto superiore per la ricerca ambientale) all’inizio di maggio scorso, la proiezione è quella di “una produzione complessiva di rifiuti a fine 2020 compresa tra 160mila e 440mila tonnellate, con un valore medio di 300 mila tonnellate”.
Fino a poco prima della riapertura delle scuole si pensava che questi volumi potessero essere gestibili, ma ora secondo gli esperti di Assoambiente, “gli inceneritori non bastano, soprattutto nel Mezzogiorno dove questi impianti sono una rarità e di conseguenza un gran numero di rifiuti e di mascherine sanitarie usate non vengono distrutti o smaltiti correttamente ma finiscono nelle discariche o, peggio, dispersi nell’ambiente”.
Sarebbe bastata del resto una passeggiata nei luoghi di villeggiatura durante l’estate per notare la presenza delle mascherine abbandonate in ogni angolo.
La situazione in Francia
Le paure arrivano anche dalla Francia, dove in questi giorni i contagi sono in forte aumento. L’organizzazione ecologista francese “Opération Mer Propre” ha documentato la comparsa di questi rifiuti sulle coste e i fondali del paese. Tanto che c’è chi comincia a pensare che presto in mare potranno esserci più mascherine che meduse.